In un precedente articolo, pubblicato il 16 aprile 2024, abbiamo trattato il tema del lavoro negli ETS. In un altro articolo sono stati descritti i rapporti di lavoro “tipici” (ovvero il lavoro subordinato). Con questo ulteriore articolo, invece, vogliamo approfondire alcune tipologie di contratto di lavoro cui ricorrono spesso gli Enti per lo svolgimento delle proprie attività, affiancando l’opera dei volontari.
Si tratta dei c.d. “contratti atipici” e, in particolare, del lavoro occasionale e delle prestazioni coordinate e continuative. Inoltre, accenneremo anche ad un contratto “parasubordinato” piuttosto diffuso negli Enti non-profit: il contratto di collaborazione coordinata e continuativa.
Prima di andare avanti proviamo a fare un esempio per capire la differenza tra le collaborazioni occasionali di lavoro autonomo e le prestazioni occasionali (alle dipendenze altrui). Ad esempio, se si deve svolgere un’attività autonoma e sporadica di consulenza informatica per un’associazione, si deve seguire la disciplina delle collaborazioni occasionali (di lavoro autonomo). Mentre, ipotizzando il caso di esercizio di attività come il bagnino in piscina, la colf, il magazziniere o ogni attività assimilabile, trattandosi di attività occasionali alle dipendenze altrui, bisogna seguire la disciplina dedicata ai contratti di prestazione occasionale ed al libretto famiglia.
Le attività di lavoro autonomo occasionale non sono identificabili in base a parametri predefiniti. Conseguentemente, stante l’assenza di limitazioni di durata, numero o importo, la natura occasionale (o meno) della prestazione deve essere verificata caso per caso, andando a ricercare nella fattispecie concreta le caratteristiche tipiche suindicate. Per questo è di fondamentale importanza l’ausilio del dottore commercialista o del consulente del lavoro, in modo che possa aiutare ad inquadrare al meglio la situazione.
Non trovano più applicazione da tempo i limiti economici e di durata previsti dalla c.d. “Legge Biagi” (D.Lgs. n. 276/03, modificato dall’articolo 24 del D.L. n. 201/2011 c.d. “Legge Fornero“), ovvero durata max. di 30 giorni per committente nell’anno e max. 5.000 euro lorde di compensi. Tale disposizione, infatti, è stata abrogata a partire dal 25 giugno 2015, giorno di entrata in vigore del D.Lgs. 81/2015. Ad oggi, quindi, l’unico riferimento normativo sul lavoro autonomo occasionale è dato dall’art. 2222 del Codice civile.
Sotto il profilo fiscale, vi sono differenze nella qualificazione del reddito tra:
Rispettando queste condizioni è possibile operare senza partita IVA. Tuttavia, il lavoro senza partita IVA non può che essere qualcosa di temporaneo, utilizzabile fino a quando l’attività non assume il carattere di abitualità e professionalità.
Non costituiscono prestazioni di lavoro autonomo occasionale, anche se di importo minimo, oppure se in numero limitato, quelle rese da soggetti, titolari di partita Iva, iscritti ad Albi professionali e rientranti nell’oggetto della professione esercitata. Solo eventuali prestazioni professionali escluse dall’oggetto della professione abituale esercitata possono essere rese con lavoro autonomo occasionale.
Il soggetto che effettua la prestazione di lavoro autonomo occasionale è tenuto a rilasciare al soggetto committente della prestazione, una ricevuta“non fiscale”. La ricevuta assume la funzione di “quietanza di pagamento”, quindi la sua emissione certifica l’avvenuto pagamento della prestazione. Per questo è importante emettere la ricevuta non prima dell’avvenuto pagamento del compenso da parte del committente. Si può redigere la ricevuta anche su un normale foglio di carta, a condizione che vengano riportati questi elementi obbligatori:
Precisiamo che la ritenuta d’acconto del 20% deve essere applicata a riduzione del compenso lordo dovuto per la prestazione. In pratica, si tratta di un acconto sulle imposte che il committente è tenuto a trattenere e versare all’Amministrazione finanziaria per conto del soggetto che presta la propria attività professionale. La ritenuta d’acconto deve essere applicata soltanto nel caso in cui il lavoro autonomo occasionale è svolta nei confronti di sostituti di imposta.
Soggetto (committente) che rientra tra quelli indicati nell’articolo 23 del DPR n. 600/73. Tale disposizione identifica i sostituti di imposta, che possono essere così sintetizzati:
Il contratto di lavoro occasionale PrestO (Prestazioni Occasionale) è uno strumento introdotto in Italia per regolare in modo flessibile e semplificato le collaborazioni temporanee e saltuarie, consentendo alle imprese/ organizzazioni di gestire esigenze di lavoro a breve termine senza dover ricorrere a contratti di lavoro dipendente tradizionali.
Caratteristiche principali:
Vantaggi:
Conclusione:
Il contratto di lavoro occasionale PrestO rappresenta una risposta alle esigenze di flessibilità del mercato del lavoro, ma è fondamentale che venga utilizzato in modo corretto e responsabile per evitare possibili abusi. È importante che tutte le parti coinvolte siano consapevoli dei diritti e delle responsabilità che un tale contratto comporta, per garantire un equilibrio tra flessibilità per le aziende/associazioni e tutela per i lavoratori.
I contratti di collaborazione coordinata e continuativa (Co.Co.Co.) rappresentano una forma di rapporto di lavoro che si colloca a metà strada tra il lavoro autonomo e il lavoro subordinato. Introdotti nella legislazione italiana con la riforma del mercato del lavoro, questi contratti sono stati utilizzati per disciplinare situazioni lavorative in cui il prestatore d'opera svolge un’attività professionale in modo continuativo, ma senza vincolo di subordinazione tipico del lavoro dipendente.
Definizione e caratteristiche
Il contratto di collaborazione coordinata e continuativa, come definito dal legislatore, è un contratto di lavoro autonomo caratterizzato da:
Le principali caratteristiche del contratto Co.Co.Co. includono:
Normativa e tutela
La regolamentazione dei contratti di collaborazione coordinata e continuativa si basa su diverse fonti normative, tra cui:
È importante notare che, sebbene i Co.Co.Co. prevedano una maggiore autonomia rispetto al lavoro subordinato, i collaboratori non godono delle stesse protezioni previste per i lavoratori dipendenti, come ferie retribuite, malattie o indennità di disoccupazione. Tuttavia, nel contesto attuale, ci sono stati tentativi di migliorare le tutele per i lavoratori autonomi e i collaboratori.
Differenziare il lavoro autonomo dal lavoro subordinato ha portato a un dibattito legislativo.
Nel tentativo di rispondere a queste preoccupazioni, il legislatore ha apportato modifiche normative, introducendo tutele maggiori per coloro che operano in contesti di lavoro precario, come il riconoscimento di diritti minimi e l'implementazione di strumenti per la stabilizzazione del lavoro.
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