Proseguiamo la serie di articoli sull’applicabilità delle norme da parte degli ETS nell’anno in corso (puoi vedere qui il precedente) con le disposizioni applicabili alle Associazioni di Promozione Sociale (APS), trattando i seguenti argomenti:
Premettiamo che le APS sono interessate da disposizioni che derivano in parte dalla applicazione di quanto previsto nella parte già operativa del Codice del Terzo Settore (quelle, in sostanza, che non sono subordinate al ricevimento della citata autorizzazione europea) e in parte da norme precedenti non abrogate o non ancora abrogate (alcune di loro, infatti, cesseranno la loro applicazione solo all’attivazione del nuovo regime, da applicarsi dopo l’autorizzazione europea).
Pur non tracciando qui una dettagliata analisi della distinzione fra “attività di interesse generale” (art. 5 CTS), “attività diverse” (art. 6 CTS) ed “attività di raccolta fondi” (art. 7 CTS) ricordiamo che le prime (spesso indicate semplicemente come AIG) devono essere espressamente ed inequivocabilmente indicate nello statuto dell’APS come tali e – a differenza di quanto avviene per le ODV che possono essere svolte unicamente a titolo gratuito o con un corrispettivo massimo pari ai costi effettivi sostenuti – possono anche essere svolte a corrispettivo maggiore dei costi. Dal punto di vista fiscale, i proventi che ne derivano non hanno natura commerciale (non sono assoggettate ad imposizione diretta né ad IVA) solo nel caso di gratuità o corrispettivo pari ai costi (e di assenza di una “specifica organizzazione” per il loro svolgimento) mentre se, viceversa, quelle stesse attività sono esercitate da un’APS dietro corrispettivi più elevati, esse mutano la loro condizione e, dal punto di vista fiscale, poiché il corrispettivo richiesto non ristora semplicemente i costi, ma vi è un “ricarico” rispetto a questi, gli importi percepiti saranno da considerarsi di natura commerciale e, pertanto, trattati di conseguenza (imponibilità e assoggettamento ad IVA) .
Anche qualora le AIG siano oggetto di “convenzione” con l’Ente pubblico, gli importi derivanti non avranno carattere di commercialità se essi ristorano solamente i costi che l’APS sostiene per lo svolgimento del servizio “convenzionato”, mentre saranno da ritenere commerciali (ed assoggettati ad IVA) qualora la convenzione non sia “a rimborso”, ma preveda un corrispettivo prefissato svincolato dai costi sostenuti o derivi da altre forme di accordo con l’Ente pubblico (affidamenti diretti, gare d’appalto etc.)
Ovviamente, il citato “assoggettamento ad IVA“ può però avvenire anche in regime di esenzione, qualora tali attività rientrino fra quelle elencate nell’art. 10 del DPR 633/72 (a titolo d’esempio citiamo: le prestazioni educative dell'infanzia e della gioventù e quelle didattiche di ogni genere, anche per la formazione, l'aggiornamento, la riqualificazione e riconversione professionale, rese da istituti o scuole riconosciuti da pubbliche amministrazioni e da Enti del Terzo Settore di natura non commerciale).
Per ciò che concerne, invece, le attività “diverse” esercitabili da un’APS la norma di riferimento è costituita dall’art. 6 del CTS. Essa prevede che gli Enti del Terzo Settore possano esercitare anche attività diverse da quelle di interesse generale a condizione che le scritture associative (atto costitutivo e statuto) lo prevedano e che siano secondarie e strumentali rispetto alle AIG.
Il concetto di strumentalità può esprimersi con il vincolo di utilizzare le risorse derivanti da tali attività al finanziamento delle AIG dell’Ente, mentre la secondarietà richiede il rispetto di (almeno) una delle seguenti condizioni, indicate dal D.M. 107/2021:
Precisando ulteriormente che rientrano tra i costi complessivi dell’ente anche:
Qualora l’esercizio di tali attività diverse avvenga in termini “commerciali” (ovvero dietro corrispettivo) varranno gli stessi principio già enunciati in precedenza, cioè – in termini fiscali – esse saranno considerate imponibili (ed assoggettate ad IVA).
Passiamo poi ad analizzare le previsioni dell’art. 7 del CTS, riguardanti le raccolte fondi. Per raccolta fondi si intende il complesso delle attività ed iniziative poste in essere da un Ente del Terzo settore al fine di finanziare le proprie attività di interesse generale, anche attraverso la richiesta a terzi di lasciti, donazioni e contributi di natura non corrispettiva.
Tali attività possono avere carattere occasionale oppure continuativo. Nella prima ipotesi, dal punto di vista fiscale, i proventi non sono soggetti a tassazione e sono esclusi da IVA ai sensi dell’art. 143 co.3 del DPR 917/86 (TUIR), a patto che vengano rispettate alcune condizioni indicate nello stesso articolo, ovvero costituiscano raccolte pubbliche effettuate occasionalmente, anche mediante offerte di beni di modico valore o di servizi ai sovventori, in concomitanza di celebrazioni, ricorrenze o campagne di sensibilizzazione.
Si tratta, per esemplificare, delle raccolte fondi che – in via occasionale e non ripetitiva - gli Enti non commerciali (e quindi anche le APS) possono mettere in atto e, nella circostanza, “somministrare” ai sovventori un bene (o un servizio) di modico valore quale testimonianza di riconoscenza per il sostegno ricevuto. Restano però, in proposito, tutte le difficoltà concernenti la quantificazione della “occasionalità” (quante iniziative di raccolta fondi l’anno?) e l’entità del “modico valore”; da segnalare, in ultimo, che ciascuna di tali raccolte occasionali deve essere oggetto di una specifica rendicontazione separata, da allegarsi al bilancio dell’associazione.
Le raccolte fondi continuative, viceversa, se danno origine a proventi, ne determinano a prescindere la imponibilità ai fini IRES ed il loro assoggettamento ad IVA, non potendosi ad esse applicare le disposizioni dell’art. 143 TUIR.
Altre disposizioni introdotte dal CTS che determinano vantaggi e facilitazioni di cui le APS possono godere:
Per gli enti che svolgono oltre all’attività istituzionale anche attività commerciale, la base imponibile si determina con riferimento al cosiddetto metodo misto, il quale richiede che le due attività siano distintamente identificabili:
Esaminate, seppure in modo speditivo, le norme contenute nel Codice del Terzo Settore di cui nell’anno 2025 gli Enti non commerciali – APS potranno avvalersi (per un approfondimento di ciascuna di esse i servizi di consulenza agli ETS di Vol.To sono a disposizione), passiamo ora ad individuare quelle derivanti da altre disposizioni.
Ancora una volta richiamiamo l’attenzione su una premessa generale: le norme indicate in seguito si applicano (a meno di specifica annotazione relativa) ad APS che non esercitano in prevalenza attività commerciali. Qualora nel corso dell’anno un’APS perda la caratteristica della non-commercialità, decade l’applicabilità di queste disposizioni.
Passiamo ora ad esaminare le norme applicabili, in quanto recate dal DPR 917/86 (Testo Unico Imposte Redditi) per gli Enti non commerciali (e, quindi, anche per le APS che si qualificano come tali).
A questo punto, occorre fare un cenno relativamente ai regimi contabili e fiscali applicabili dalle APS.
In conclusione, sottolineiamo due adempimenti rilevanti a cui le APS sono sottoposte, qualora ne esistano i presupposti indicati:
A. Presentazione della dichiarazione dei redditi degli enti non commerciali
Gli enti non commerciali sono tenuti a presentare la dichiarazione dei redditi se hanno svolto nell’esercizio precedente (ovvero nel 2024) attività di tipo commerciale, anche qualora questa non sia stata svolta in maniera esclusiva o prevalente.
Per tali organizzazioni, il modello deve essere presentato entro l’ultimo giorno del decimo mese successivo a quello di chiusura del periodo d’imposta: pertanto, se l’ente ha l’esercizio coincidente con l’anno solare, il termine di presentazione è fissato al 31 ottobre.
Si precisa che, anche qualora un ente sia titolare di partita IVA, ma non abbia svolto nell’esercizio precedente alcun tipo di attività commerciale (il cui reddito imponibile è quindi pari a zero), sarà comunque tenuto a presentare la dichiarazione dei redditi.
B. Presentazione della dichiarazione IRAP
L’IRAP (imposta regionale sulle attività produttive) è disciplinata dal D.lgs. 446/1997: il presupposto dell’imposta è costituito dall’esercizio abituale di un’attività, autonomamente organizzata, diretta a produrre o scambiare beni o prestare servizi, ancorché essa non abbia carattere commerciale.
Sono tenuti a compilare il quadro IE del modello pubblicato sul sito dell’Agenzia delle Entrate anche gli enti non commerciali che nel corso del 2024:
Essendo l’IRAP un’imposta regionale, la misura dell’aliquota può variare nelle diverse Regioni e Province autonome; queste ultime potrebbero inoltre, ai sensi dell’art. 82, c. 8 del CTS, aver disposto la riduzione o l’esenzione dall’imposta per gli Enti del Terzo settore. Rimandiamo a questa pagina per il quadro normativo riferito alla nostra Regione e alla consultazione di quanto riportato precedentemente in merito.
Sono poi previste per la generalità dei contribuenti (compresi gli enti non commerciali) alcune importanti deduzioni in sede di quantificazione dell’imposta: si ricorda che un ente è comunque tenuto a presentare la dichiarazione IRAP anche nei casi in cui possa godere dell’esenzione dall’imposta oppure non debba pagare nulla in forza delle deduzioni previste. Anche per la dichiarazione IRAP nel termine ultimo per la presentazione è il 31 ottobre dell’anno successivo al periodo fiscale di riferimento.
Modalità di presentazione
La dichiarazione dei redditi e dell’Irap devono essere presentate esclusivamente in via telematica all’Agenzia delle Entrate e possono essere trasmesse direttamente dal dichiarante oppure tramite un intermediario abilitato; è però consigliabile per gli enti farsi assistere da un intermediario che conosca la materia (CAF o commercialista).
Tutti gli adempimenti previsti sono disponibili nell’apposito Scadenziario 2025.
Testi normativi citati nell’articolo:
Le modalità di pagamento previste sono:
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