Il concetto di “responsabilità”, ovvero che un soggetto deve rendere conto sul piano umano, morale o giuridico, di fatti, attività, eventi di cui è autore o parte in causa, e subirne le conseguenze, è a tutti noto.
L’articolo 2043 del Codice Civile prevede che “qualunque fatto doloso o colposo che cagiona ad altri un danno ingiusto obbliga colui che ha commesso il fatto a risarcire il danno“.
È assolutamente intuitivo che tale disposizione ha una conseguenza rilevante sull’attività dei volontari che - proprio perché pongono in essere dei comportamenti “operativi” - possono con tali comportamenti (anche se di carattere omissivo) determinare ad altri un “danno ingiusto”.
Si pensi ad esempio, ad un volontario che, movimentando un anziano in carrozzina, determini l’involontario rovesciamento della carrozzina stessa e la caduta della persona trasportata, con lesioni a questi. Si potrebbero fare innumerevoli altri esempi di eventi che potrebbero verificarsi in concomitanza di azioni volontarie, tanto che il legislatore ha previsto espressamente per gli Enti del Terzo Settore, con l’articolo 18 del Codice, l’obbligo di assicurare i propri volontari - oltre che per eventuali infortuni e per le malattie che possano contrarre durante la loro attività di volontariato - anche per la responsabilità civile verso terzi che questi assumono durante la loro opera.
È perciò un preciso dovere degli Enti adempiere direttamente a questa previsione, senza delegarla ad altri. Inoltre (comma 3 dell’articolo stesso) è specificamente consentito trasferire l’onere economico relativo all’amministrazione pubblica con la quale si operi in regime di “convenzione” (ovvero inserire negli accordi con l’amministrazione il rimborso dei costi sostenuti dall’Ente per l’assicurazione dei volontari impiegati).
Ma c’è un aspetto forse meno noto ma egualmente importante che vogliamo qui sottolineare.
Oltre alla responsabilità - per così dire - “diretta” di chi ha commesso il fatto (il volontario, nel nostro esempio), occorre anche considerare una responsabilità indiretta dell’Ente per cui il volontario opera.
Tale responsabilità, anche detta “per fatto altrui”, è prevista dagli artt. 2047 e ss. del Codice civile che, con una definizione un po’ arcaica ma senz’altro applicabile anche alla casistica del volontario che opera all’interno di un’organizzazione, disciplinano la responsabilità per il danno cagionato da “domestici “nell’ambito di incombenze a cui sono adibiti.
I “padroni” o “committenti” del “domestico” (insomma, per ricondurla alla nostra realtà, i dirigenti dell’Ente per cui il volontario sta operando) in tutti i casi in cui il danno sia stato cagionato dal volontario durante l’espletamento delle mansioni a cui è stato preposto potranno essere chiamati ad una responsabilità solidale “aggiuntiva”.
E qui, nuovamente, entra in gioco la copertura assicurativa.
All’atto della stipula del contratto di assicurazione è assai prudente, perciò, verificare che nello stesso venga espressamente menzionata la copertura della responsabilità civile che possa derivare all’ ETS assicurato da fatto commesso da persone di cui esso debba rispondere (e magari anche la copertura per eventi organizzati direttamente dall’Ente stesso, quali manifestazioni solidaristiche, banchetti, rinfreschi, colazioni etc.) e gli eventuali casi di esclusione.
Un’attenzione che può – in alcuni casi – tornare molto utile.
A questo proposito vi segnaliamo che tali coperture sono ricomprese nella Polizza Unica per il Volontariato proposta dal nostro Centro Servizi.
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